Non succede tutti i giorni di intervistare un musicista del livello di Atma Anur, batterista inglese che vanta la partecipazione ad oltre centoquaranta episodi discografici, una vera macchina da guerra che si muove agilmente tra ritmi latin, jazz, hip hop, rock e metal. Uno dei protagonisti della magica stagione della Shrapnel Records, fucina di talentuosi chitarristi negli anni ‘80, ma non solo. Musicista aperto a più collaborazioni, sempre in perenne movimento, appassionato e generoso anche nel raccontarsi, ha collaborato negli ultimi anni con alcuni interessanti chitarristi italiani, come Steve Saluto, Marco Sfogli e Luca Zamberlin. Tralascio volutamente ogni riferimento alla sua storia o alla lista dei dischi che lo vedono protagonista, vi cito i nomi di Richie Kotzen e Billy Sheehan solo per fornirvi qualche coordinata…
Benvenuto Atma! Che emozione, è un piacere averti come ospite per Gene Master Volume blog. La prima cosa che desidero chiederti è relativa alla New York degli anni ’70, luogo dove tu hai vissuto da giovanissimo. Come ricordi quei giorni e che vibrazioni c’erano nell’aria? New York è un luogo magico in generale. Creatività e passione sono ovunque volgi lo sguardo. Mi ricordo la sensazione che tutto fosse possibile, ero sempre entusiasta della vita. Raramente in altre parti del mondo ho avuto quel tipo di sensazione. La cosa migliore del trascorrere la mia adolescenza in una città come NY è stato il contatto con differenti identità culturali e musicali, cosa normale a New York. Ho avuto la possibilità di vedere e ascoltare tutti i tipi di musica e ballo, eseguiti da artisti originali, latin, jazz, funk, rock, africani, indiani e molto, molto di più. Qui ho iniziato i miei studi, frequentando la Manhattan School of Music e la biblioteca Lincoln Center Music. Suonare per le strade Manhattan mid -town e down- town alla fine degli anni ’70, con band e formazioni differenti, in duo o in sestetti jazz, è stata una grande esperienza di apprendimento per me. Ho incontrato e jammato con alcuni dei migliori musicisti che abbia mai incontrato.
Nel 1981 ti sei spostato a San Francisco. Quali differenze hai trovato vivendo sulla West Coast? La costa occidentale degli Stati Uniti è un posto molto bello. C’è un sacco di fermento culturale, l’industria della musica è molto viva. Le persone sembrano avere un approccio diverso all’arte e alla musica rispetto alla costa orientale. Sono stato molto fortunato ad allacciare alcuni importanti contatti durante i miei anni in West Coast. Qui ho fatto i miei più grandi concerti e qui ho ancora tanti amici di lunga data.
Quale è stato il tuo percorso musicale in questi anni formativi? Ho iniziato suonando rock. I miei primi ascolti e i successivi tentativi di suonare la batteria sono ispirati dalla musica di artisti come Jimi Hendrix, Rolling Stones e Deep Purple, anche se i miei primi ricordi rimandano a sonorità reggae e soul. Poi ho scoperto Yes, Genesis, ELP e altri gruppi progressive, molto popolari in quei giorni. Mi sono avvicinato successivamente al jazz, dopo aver scoperto Tony Williams, Chick Corea e The Mahavishnu Orchestra. Da qui sono arrivato a Miles Davis e John Coltrane. Il resto è storia! In quel momento ho capito che volevo fare il batterista a livello professionale e che avevo bisogno di studiare veramente la musica. Ho iniziato a cercare una scuola di musica e il mio primo insegnante privato. Poi ho iniziato a suonare in chiesa in giovane età e con la mia prima band a New York, avevo circa 12 anni.
Dopo aver suonato e studiato jazz per molti anni, hai lavorato con Mike Varney e il suo team di chitarristi virtuosi, per la Shrapnel Records. Come sei entrato in contatto con Mike e come valuti quella esperienza? Mike Varney l’ho incontrato grazie al mio rapporto con Peter Marrino (l’originario cantante dei Cacophony). Peter mi presentò a Mike nel 1985. Negli anni precedenti, dal ’81, avevo suonato un sacco di generi differenti e con molte band diverse, così quando Peter mi chiese di unirsi alla sua band, i Le Mans – sotto contratto per la Columbia Records – Mike era il loro manager. Poco dopo quell’incontro, Mike mi parlò del suo nuovo progetto chiamato Shrapnel Records e che voleva farmi conoscere alcuni artisti con i quali stava pensando di collaborare. Se devo valutare l’intera situazione e quegli anni, direi che anche se la vita è abbastanza complessa, le cose infine vanno come devono andare. Sono molto grato per tutto quello che è successo nella mia vita. Indubbiamente, vivere a New York e a San Francisco sono stati una grande parte della mia crescita musicale e personale.
Parlando di Shrapnel Records, chi è il chitarrista che ti ha impressionato di più durante quel periodo? Tony MacAlpine è il musicista più stupefacente che ho conosciuto attraverso la Shrapnel Records. Questo non vuol dire che gente come Jason Becker o Richie Kotzen siano meno talentuosi! Tutti i musicisti che Mike Varney sceglie hanno un talento straordinario, ma Tony mi ha colpito di più. È un musicista eccezionale, canta, scrive e suona molti strumenti a un livello impressionante, ne conosco davvero pochi come lui.
Ho qui il primo album di Greg Howe. Avevo solo 16 anni quando uscì e mi ricordo che ne andavo pazzo. Tu sei stato il batterista di quelle registrazioni, hai qualche ricordo di quelle session? Cosa mi dici di Greg e dell’incredibile Billy Sheehan? La situazione con le registrazioni della Shrapnel erano molto simili. Molto creative e molto emozionanti. Mike è un vero visionario e tira fuori sempre il meglio dalle persone. Lavora molto velocemente e ti da poco tempo, durante il quale tu devi tirare fuori tutto il massimo di quello che hai dentro. L’incontro con Greg è stato ottimo, è un musicista con un vocabolario musicale enorme. Il suo groove e il suo approccio a ciò che fa con la chitarra è davvero originale e stimolante, Greg è semplicemente eccellente. Billy invece è una persona eccezionale e un musicista killer. Ho imparato molto dal tempo che abbiamo trascorso insieme in studio, suonando rock conditi da groove pazzeschi. Lui è capace di giocare con la sua abilità tecnica mantenendo tutto il groove del pezzo, cosa insolita per i musicisti rock. Sia Greg e Billy comunque sono musicisti con i quali è facile suonare e creare, entrambi hanno poi un approccio molto naturale al tempo, intendo tempi dispari e così via. Quel disco è stato molto divertente da fare.
Sono un grande fan di Mother Head’s Family Reunion (1994) disco che ti vede al fianco di Richie Kotzen. Un album davvero notevole, non credi? Ho inciso alcuni dischi notevoli con Richie. Ho suonato parecchio con lui, abbiamo scritto canzoni, fatto prove e tour. Richie Kotzen è la persona che ho incontrato tramite Mike Varney con la quale ho avuto il rapporto più lungo e fecondo. Ai tempi di Mother Head’s Family Reunion è stato tutto magico e divertente, sì, è stato un disco sorprendente. Con quella band abbiamo fatto un grande tour, avevamo un buon budget da parte della Geffen Records, abbiamo registrato nei migliori studi di registrazione di Los Angeles, una grande esperienza. Richie è davvero un buon amico e un musicista di talento.
Ho un buon amico che abita a Cracovia, dove tu attualmente vivi. Cosa ci puoi dire della scena musicale polacca? La scena musicale polacca è diversa dalla scena musicale negli Stati Uniti, allo stesso modo di come è differente la cultura tra Polonia e Stati Uniti. Anche se sono presenti gli stessi generi musicali, l’approccio e l’enfasi sono completamente differenti. C’è un grande amore per il jazz in Polonia, con grandi jazz club e scuole di musica a Cracovia stessa. In generale ci sono molti ottimi musicisti in Polonia, ho suonato con molti di loro in tour. Tuttavia, il mio obiettivo rimane per lo più al di fuori di quella scena. Cracovia è anche una bellissima città europea con una grande storia, una città dove mi piace vivere.
Hai qualche rito o esegui qualche preparazione particolare prima di suonare, intendo un metodo per aiutare la tua concentrazione. Oppure ti affidi all’istinto e alle sensazioni del momento? Io credo nella buona preparazione, nello studio e nella pratica. Hai bisogno di avere obiettivi e lavorare per renderli realtà, sia musicalmente che personalmente. Per quanto riguarda i concerti, voglio conoscere bene la musica, conoscere la mia parte e offrire all’ascoltatore un’esecuzione alla quale valga la pena assistere, il tutto cercando di arricchire il momento con qualcosa di nuovo ed eccitante. La concentrazione è qualcosa che viene dalla determinazione e dalla pratica, attraverso la quale la si acquista e la si accresce. L’istinto si libera ancor di più se affiancato alla pratica, di esso c’è bisogno per essere ancora più dentro il pezzo e con lo spirito della musica.
So che hai lavorato con Luca Zamberlin, chitarrista italiano di grande talento. Come sei arrivato a lavorare in Italia? È stato divertente suonare e registrare insieme? L’Italia non è un brutto posto, sei d’accordo con me? Dunque, ho suonato e registrato in Italia con Steve Saluto. Abbiamo fatto due cd insieme, con Marco Mendoza, Doug Wimbish e alcuni altri noti musicisti. Ero in Italia e stavo registrando qualcosa per Steve con il bassista Piero Trevisan e, dopo una delle nostre session, siamo andati a fare una jam e lì ho incontrato Luca, con il quale sono rimasto in contatto e abbiamo realizzato alcune cose insieme e poi un disco intitolato Mad For It. Finora in Italia ho incontrato persone meravigliose e bravi musicisti, vorrei ricordare anche Marco Sfogli. Spero di continuare a suonare da voi … e mi piace il cibo! Sì, sono assolutamente d’accordo, l’Italia è proprio un bel paese.
Sei un musicista professionista da moltissimo tempo, hai registrato e collaborato a un numero impressionate di album, addirittura 142. Guardando indietro, cosa ti ha spinto a diventare un musicista in principio? Quali sono state le tue motivazioni e le tue sensazioni a riguardo? Credo che la musica scelga quelli che sono destinati ad esprimerla. Ho sentito storie dai miei genitori, come quelle che da piccolo battevo un piccolo tamburo o ballavo a due anni. Hanno pensato che fosse strano, ma anche in un certo modo qualcosa di meraviglioso. Man mano che passava il tempo mi sono trovato ad avvertire un senso di responsabilità personale nei confronti della musica. Mi venne in mente che mi era stato dato un dono e doveva metterlo in uso. Così ho sempre cercato di essere all’altezza del compito che la musica mi ha assegnato.
Una domanda piuttosto classica, ma comunque importante. Qual è il consiglio più importante per un batterista? Un suggerimento che daresti a un principiante, ma anche a un professionista. Il più importante e unico consiglio che darei a un batterista è di tenere a mente che la melodia è la parte più importante della musica. Con questo in mente, gli direi di conoscere il suo strumento e suonare musicalmente con tutto il cuore…sempre.
Per concludere, sono un bassista e un grande appassionato di musica di qualsiasi genere. Dal rock pesante a David Bowie, dal meraviglioso Bill Evans a Miles Davis (uno dei miei album preferiti è In a Silent Way). Indicami tre dischi dai quali posso imparare qualcosa, come musicista e come ascoltatore. Impressions by John Coltrane, The Inner Mounting Flame by The Mahavishnu Orchestra, Sex Machine by James Brown. Ci sono tanti altri album che mi piacerebbe suggerirti se sei alla ricerca di una qualche illuminazione musicale e di divertimento, ma me ne hai chiesti solo tre!
È vero! Ho perso un’occasione preziosa, la prossima volta starò più attento. Grazie infinite per la tua simpatia e disponibilità Atma. Arrivederci a Venezia, so che tornerai!
Atma Anur on web: atmaanur.com & atmaanurlegacy
I own one album that I know of of Atma Anur’s — Richie Kotzen’s third CD, Electric Joy. I think that album is just Richie and Atma, nobody else. I would love to get Mother Head’s Family Reunion, I have only seen it once and I blew it.
Great interesting interview!
thanks mike! your feedback is always very welcome! Atma is a very nice guy and the interview turned out to be excellent, interesting and funny. english version soon on http://www.atmaanurlegacy.wordpress.com/
Great!! I’m following Atma’s blog now.
Google translate does a good job of translating by the way!
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