Piacevole fare un tuffo nel passato, camminare sul Sunset Strip e respirare la Los Angeles dei primi anni ’80. Se leggerete l’autobiografia di Stephen Pearcy è questa la fine che vi aspetta. San Diego è un bel luogo per vivere e la California gode di un clima fantastico. C’è chi fuma, chi fa surf e chi si fa investire da una signora alla guida di una station wagon. Proprio durante la lunga degenza che lo rimette in sesto, Stephen scopre la passione per la chitarra, che lo porterà, ancora in precario equilibrio, ad esibirsi con i Mickey Ratt, embrione di quelli che diventeranno i Ratt, beniamini da lì a poco del Rainbow e del Troubador di West Hollywood. Il successo è rapido. Tre dischi di platino, 225 concerti in meno di tre anni e gli States che appaiono presto un’unica striscia d’asfalto, un lungo corridoio tra camere d’albergo sempre uguali. Certo, l’Aids è ancora un perfetto sconosciuto e le tante fanciulle sono un lodevole passatempo, ma il castello comincia a vacillare a causa di ben noti eccessi e crolla con l’arrivo dei Seattle boys in flanella. Pearcy non ne può più e molla la nave nel bel mezzo di un tour, Bobby Blotzer deve esser un gran coglione e la favola dei Ratt si trasforma in una prova di dura sopravvivenza, almeno fino a Infestation, ottimo album che li riunisce nel 2010. Scorrendo le pagine, oltre a gustarmi le prevedibili, ma sempre divertenti, avventure on the road, raccolgo il naturale invito a riscoprire la discografia dei Ratt. Al netto di qualche passo falso, una band fuoriclasse che sapeva scrivere canzoni. Solidi ritmicamente, spesso lontani dall’imperante sequenza di note in ottavi tipica del decennio, con Warren De Martini e il compianto Robbin Crosby in grado di esibire uno straordinario talento chitarristico. Ascoltatevi Out of the Cellar e Invasion of Your Privacy. Ah, dimenticavo, Stephen rimane ancora oggi alla guida della sua Porsche 930. Bandana, foulard a go-go, jeans, occhiali e un’abbronzatura perenne. Vero emblema di un’epoca irripetibile, da leggere e ascoltare senza pregiudizi, quasi da rivalutare, considerato l’amaro pane quotidiano.
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