Not just a stupid fuckin’ rock and roll album!

korypaybackcoverPayback’s a Bitch | Kory Clarke (Livewire/Cargo Records, 2014) Al diavolo! Inizialmente non sapevo che cosa scrivere di Payback’s a Bitch. Poi ho cominciato a vedere il sentiero, seguire le sue tracce e riconoscerlo. È uno di quei dischi rivelatori, multiforme, dai toni e dalle timbriche variabili, ai quali alla fine devi arrenderti. Rivelatore, perché Kory Clarke, oltre a qualche episodio marchiato a fuoco dal suo ben riconoscibile punk rock and roll, ci fa saltare, commuovere e quasi ballare. Tra il sound nero di Detroit, i T-Rex, Tom Waits e qualche escursione elettronica – non completamente riuscita – Payback’s a Bitch ci mette comunque con le spalle al muro, ascolto dopo ascolto. La title track apre il disco nel miglior modo possibile, Get Down to Business è un funk magistrale, Freak e Hoezone suonano come i Warrior Soul più convincenti e Rock N’ Roll Genocide ha un irresistibile ritornello anni ’80. Detto questo, sono però The Last Hand e Meet Me in Las Vegas ad alzare il livello di quest’opera. Due gemme preziose, intime e splendidamente interpretate, che scoprono una voce che non credevo così calda ed emozionante. E’ bello sapere che anche quando la partitura musicale vira verso lidi diversi, Kory Clarke è sempre in grado di regalarci grandi canzoni. Payback’s a Bitch è un disco che non ha paura, libero e consapevole del proprio valore, un vero peccato trascurarlo.

Payback’s a Bitch esce il 22 settembre attraverso Livewire su tutte le principali piattaforme digitali (Amazon, HMV, etc)

 

Hit and Run: Underdogs, l’intervista.

Ecco gli Underdogs con un nuovo disco! E mi dico: “Speriamo che non sia registrato come il Underdogsprecedente!”. Al contrario, questo suona bene e si regge su un impianto melodico di grande impatto, con la voce di Simon – bassista e contagioso frontman – sempre in bella evidenza. Tutto è più rock, questa è la novità. Quasi il gruppo avesse inaugurato una nuova fase, forse leggermente più mainstream e nello stesso tempo più libera e avventurosa. Bellissime a mio parere sono Lies to Take Away, Nothing but the Best e Time Fighters, ma le impressioni rimangono positive anche quando gli Underdogs fanno visita ai Cardigans, reinterpretando My Favourite Game. Raccolgo le parole di Simon dopo una serata davvero speciale, che lo ha visto esibirsi assieme alla band con Nick Olivieri, musicista statunitense già membro di Kyuss e Queen of the Stone Age, due delle band che hanno più influenzato il sound degli Underdogs.

Hi Simon, siete una della band più in movimento che conosca, ammiro tantissimo il vostro dedicarvi totalmente alla musica e ai vostri dischi. Cosa vi aspettate ora, dopo quasi 10 anni di attività, da questa esperienza? Grazie, mi fa piacere! In effetti ci siamo dedicati molto al progetto UNDERDOGS, personalmente sono stati 10 anni molto intensi. Ho sempre seguito da vicino quasi tutti gli aspetti “manageriali” relativi alla band e un po’ di stanchezza alla lunga è arrivata, più mentale che fisica. Ma poi capitano serate come quella FANTASTICA di ieri, con Nick Oliveri, e riprendi fiato per un altro allungo. Cosa ci aspettiamo? La situazione è sempre stata incerta per via del contesto italiano, con la conseguente difficoltà di emergere ed avere delle possibilità concrete rispetto all’estero. Quindi me la vivo giorno per giorno, cercando di fare il massimo ma senza più ammalarmi come qualche tempo fa. Ci si crede ancora, ci si mette ancora tutto il cuore e si spera sempre. Fortunatamente si fanno piccoli passi avanti e di soddisfazioni personali ne arrivano.
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Ci siamo!

Zabrisky |Fortune Is Always Hiding” (2011) Dopo tre precedenti lavori degni di nota, siamo tutti lieti di ascoltare quello che è senza dubbio il più completo e maturo disco degli Zabrisky. Fortune Is Always Hiding ha una forte personalità, contiene un’anima sixties ma non si concede a nessuna nostalgia, quasi a rivendicare un percorso indipendente, dove il dettaglio arreda con charme spazi sonori di matrice britannica. La band convince nella ricerca melodica, a tratti malinconica e poetica, delicata vertigine di piacevoli cantati, facili all’ascolto quanto raffinati in sede compositiva. Con Fortune Is Always Hiding i Zabrisky viaggiano finalmente in prima classe anche grazie alla produzione del bravo Giovanni Ferrario, capace di impreziosire una suadente raccolta di canzoni d’autore che ignorare sarebbe a dir poco delittuoso. I Can’t Leave, Getting Better So Far e la breve ma splendida Careless Lovers – benvenuto Mr. Reed! – sono gemme alle quali vi consiglio di non rinunciare.  Hats off folks!