HIT & RUN: Kory Clarke.

Kory Clarke

In attesa di ascoltare “Payback’s a Bitch”, il suo ultimo disco, Kory Clarke mi concede un volo a trecentosessanta gradi su musica, politica e curiosità personali. Sono cresciuto con i Warrior Soul, ho amato la loro rabbia e il loro sound, un mix formidabile di punk e rock and roll che mi ha sempre ispirato. Questo dovrebbe già dirvi tutto. Facciamo partire il nastro e godiamoci le parole di un artista libero, che non ha perso l’occasione per spiazzarmi e sorprendermi… 

Sei nato nella Motor City, la patria di Iggy & the Stooges e della Motown. Cosa ha significato per te nascere in una città come Detroit? Non so cosa ci sia nell’aria, tanta musica viene fuori da Detroit e poche città al mondo possono vantare una simile quantità di buona musica. E’ bello venire da Detroit, tuttavia non vorrei vivere lì.

So che, in quegli anni, dopo un breve soggiorno a Londra ti sei trasferito a NY. Cosa pensi della città che più amo e nella quale, se non sbaglio, hai vissuto parecchio? Ora è un insieme di ragazzini ricchi, yuppies e teste di cazzo di Wall Street. Quando vivevo lì, negli anni ’80 e ’90, era una città senza legge, eccitante e divertente. Ho il timore che cadrà a pezzi prima che possa farci ritorno.

Nei tuoi testi c’è una costante attenzione al sociale, all’alienazione della società moderna, alla politica come feroce controllo sulle nostre vite. È nata prima l’esigenza di essere un musicista o quella di denunciare come cittadino lo stato delle cose? Io voglio solo andare al bar. Non mi interessa la politica o la società, dico solo cosa penso. Quando comincio a preoccuparmi per qualcosa sembra che poi vada sempre a finire male, con la gente che non ci crede o crede che io sia un imbecille, specialmente in America. Ma tutto questo non significa che non mi piacerebbe fare una rivoluzione.

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Heavy metal jogging.

Sono mesi che corro per quaranta minuti con i Testament nelle orecchie, nel cervello e nell’anima ormai, avvertendo emozioni che mi riportano al tempo di adolescente, quando la passione per il metal si ritagliò ogni settimana uno spazio sempre più regolare. Detto ciò, Low è una scoperta recente, fatta mentre cercavo carburante e stimoli per abbandonare la sedentarietà e prendermi cura di me stesso. L’ho provato direttamente sul sentiero di guerra, senza nessun preascolto, ho premuto play e cominciato a correre. Metro dopo metro e canzone dopo canzone, la fiducia è stata ripagata. Ho ‘viaggiato’ all’esordio per oltre trenta minuti, rapido come un treno, senza avvertire fatica, con la voce di Chuck Billy a guidare la prua e l’inarrestabile vento della sezione ritmica a poppa. Sensazioni strepitose, sarei arrivato fino alle montagne, ben oltre le colline e fino al mare. Cose molto heavy metal, che questo mondo piccolo, malato e criminale, non mi porterà mai via.