The Sade | II (Go Down Records, 2013) Questi The Sade mi piacciono. A parte il suono curato e potente, di questo secondo album mi convince la sferzata verso un rock melodicamente più ricercato, pur sempre condito da trame musicali immediate, mai banali e di facile presa. “II” cresce con il tempo, basta aspettare. La voce di Andrew Pozzy, sempre più espressiva e personale, si muove sopra una sezione ritmica perfetta, svelando un’attitudine garage che mi ricorda Lux Interior dei Cramps e il grandissimo Peter Steele. Le chitarre, incendiarie e taglienti, sono nel medesimo tempo capaci di fraseggi blues e parti soliste suonate con gusto e misura, ascoltatevi a riguardo la splendida Ballad of the Black Moon e il veloce assolo di Lovekiller. Non mancano episodi più classici, come l’opener rock and roll di The Werewolf e un’interessante escursione dalle parti di Johnny Cash, con la conclusiva e raffinata Devil’s Son(G). Insomma, se la promessa era evolversi senza farsi decapitare, la missione è ampiamente compiuta. Otto su dieci.